Narciso by Matt Colquhoun

Narciso by Matt Colquhoun

autore:Matt Colquhoun [Matt Colquhoun]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


16.

RESTITUIRE LO SGUARDO

Così come in inglese esiste un’unica parola per descrivere due tipi di «potere», allo stesso modo l’autoritratto – e il suo ruolo nel definire il concetto di individuo più in generale (introducendo uno sguardo individuale all’interno della storia dell’arte) – ci ha lasciato con una sola «immagine» o «prospettiva» con cui rappresentare queste due forme di potere nel linguaggio visivo. Non sorprende quindi che, soprattutto quando si parla del narcisismo dell’autoritratto, tendiamo di norma a rinunciare alla nostra capacità di osservazione, e a confondere una forma di potere con l’altra. Tuttavia, la difficoltà nel rappresentare i nostri potenziali e i nostri possessi non significa che la differenza tra i due sia completamente nascosta ai nostri occhi.

Come abbiamo visto, la fotografia può trasformare le nostre prospettive in modi estremamente affascinanti. L’autoritratto, nella sua espressione più riuscita, produce rappresentazioni frattali del potere, in cui le due forme si contrappongono. Come due specchi rivolti l’uno verso l’altro, lo sguardo dell’individuo alienato incontra quello dell’io immerso nel sociale; le miriadi di occhi che compongono ogni sguardo si incastrano in un confronto mutevole, esattamente come accadde a Narciso nel momento in cui scoprì il proprio potenziale, acquisendo, allo stesso tempo, la dolorosa consapevolezza di essere nel possesso di altri.

In un’interpretazione negativa, possiamo compiangere Narciso per la scelta di distruggere la propria immagine in risposta a quella cattura; in chiave più positiva, Narciso attiva il suo potenziale, sfuggendo alla trappola insita nel rapporto tra il vedere e l’essere visti, attraverso una trasformazione attiva dell’io. Analogamente, se da una parte possiamo disperarci per il modo in cui la cattura narcisistica alimenta e ci intrappola nell’autoreferenzialità, dall’altra la consapevolezza di questa dinamica ci spinge a sfidare gli sguardi che ci circondano e ci tormentano.

Prendiamo in considerazione il celebre concetto di Laura Mulvey sul «male gaze», lo sguardo maschile (facilmente estendibile ai corrispondenti sguardi dell’eteronormatività, del privilegio bianco, della borghesia, ecc..). Nel saggio del 1975, «Piacere visivo e cinema narrativo», Mulvey dimostra come il potere dello spettacolo nelle arti visive si divida lungo linee (seppur sfumate) molto simili a quelle di cui abbiamo parlato, tra potenziale e possesso. «In un mondo ordinato dalla disparità sessuale, il piacere del guardare è stato scisso in attivo/maschile e passivo/femminile» scrive.1 Gli uomini osservano; le donne sono osservate.

Per Mulvey, l’aspetto più cruciale è che queste aspettative di attività e passività sono formulate a livello sociale. Lo sguardo maschile non è innato nei media visivi e nemmeno nei singoli uomini, ma è rafforzato da complesse relazioni di potere come «modelli di fascinazione preesistenti, già attivi nell’individuo e nelle formazioni sociali che lo hanno plasmato».2 Lo sguardo maschile quindi è lo sguardo impersonale, controllante e pregresso di un socius misogino che incoraggia il potenziale dell’individuo maschio e rende possibile il possesso patriarcale della donna; è costituito e interiorizzato dagli uomini in egual misura, e persiste solo perché è socialmente accettato.

Questo non significa sminuire l’impatto dello sguardo maschile sul potenziale delle donne, ma riconoscerlo come un’abitudine socialmente costruita ci permette forse di intervenire più



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